Dio può cambiare la nostra vita (Lc 13, 20-21 - Mt 13, 33) - don Franco Barbero
Avevano ragione i discepoli quando dicevano a Gesù che è difficile vivere come piace a Dio. Anzi: sarebbe impossibile se noi pensassimo di poter cambiare la nostra vita senza l'aiuto di Dio. Nessuno di noi deve pensare di farcela da solo. Ma se Dio ce lo chiede, volete che poi ci abbandoni?
Un giorno Gesù, per mettere fiducia nel cuore dei discepoli, raccontò una parabola di poche righe. Sentitela: «A che cosa posso paragonare il regno di Dio, cioè la sua azione e la sua volontà? È simile a un po' di lievito: se una donna lo prende e lo impasta con tre grosse misure di farina, allora il lievito fa fermentare tutta la pasta».
Come due dita di lievito bastano a far fermentare un bel mucchietto di farina, così la forza di Dio e la sua azione possono mettere in movimento e cambiare tutta la nostra vita, trasformarla, metterla sulla strada di Gesù.
Perché questo avvenga bisogna che noi prendiamo sul serio le parole che Gesù ci ha detto e la via che ci ha indicato. In sostanza Gesù voleva, con questa parabola, darci un insegnamento semplice, pieno di fiducia: «A voi sembra difficile poter trasformare la vostra vita e vivere come vi invito a fare. Così anche a quella donna sembrava impossibile che pochi granelli di lievito facessero fermentare tanta farina! Eppure è successo. Ve lo assicuro: se voi ascoltate la mia parola e la fate penetrare nel cuore, allora vi capiterà come a quel mucchio di farina che la donna ha mescolato ben bene con il lievito. La farina è cresciuta, è fermentata, è diventata pane profumato. Ma (attenti!) bisogna che il lievito vada ben dentro la farina! Occorre, cioè, che voi mettiate la parola che vi dico ben dentro, in profondità, che la facciate penetrare in voi, nel vostro cuore. Guai a chi mette la mia parola e quella di Dio come una spruzzatina sui cibi. Come il lievito agisce soltanto se lo si fa penetrare lentamente e faticosamente nella massa di farina, così la parola che vi annuncio in nome di Dio agirà in voi e vi trasformerà dal profondo solo se voi l’avrete fatta penetrare fino in fondo al vostro cuore. Quintali di lievito vicino alla farina non fanno un bel niente, se voi non impastate. Così è per la Parola di Dio. Essa cambia, cioè converte la vostra vita, quando non vi limitate a farla passare accanto a voi o sopra di voi come acqua sulla roccia».
Quante cose cambiano in una vita quando il fermento, cioè il lievito della Parola di Gesù, ci entra nel cuore! ll lievito dilata la massa e il pane “cresce”, cioè si espande. Che meraviglie ha prodotto in quella farina una piccola punta di lievito! Ebbene anche il nostro cuore si apre e si allarga quando impariamo a far posto ad altri, quando ci mettiamo sulla strada di Gesù. Dio può davvero cambiarci il cuore, le prospettive, la vita.
Sentite questa storia vera, successa ad un uomo che si lasciò trasformare, cioè convertire, dalla Parola e dall'esempio di vita di Gesù. Pochi anni fa diventò vescovo di una città grande e povera un sacerdote che... non era cattivo, ma non era nemmeno proprio amico dei poveri, come Gesù. Si chiamava Oscar Romero. La città era San Salvador, in America Latina. non lontano dal Nicaragua. Ma sapete che cosa gli successe? Una cosa davvero bella. Anche lui cominciò a conoscere e a leggere con tutto il cuore il vangelo, cioè le parole di Gesù. Ogni giorno per le strade vedeva tante cose tristi: disoccupati, malati, gente senza casa e senza salute. Gente che lavorava tanto, ma era poco pagata dai capi che li sfruttavano. Leggendo il vangelo capì che non poteva essere come prima per lui e che doveva fare qualcosa per questi fratelli che soffrivano. Sapete che cosa fece? Cominciò a dire forte e chiaro che queste ingiustizie Dio non le vuole, che i padroni fanno lavorare i poveri e non li pagano con giustizia e li maltrattano. I ricchi e il governo americano gli fecero sapere che, se continuava a dire queste cose, lo uccidevano. Lui non si scoraggiò e, sapete che cosa gli successe? Un giorno era all'altare per la messa e stava proprio dicendo queste cose: gli spararono e morì in un lago di sangue. Era il 24 marzo 1980.
Ma adesso che lui è morto, il popolo non lo ha dimenticato e, ricordando Gesù e Oscar Romero, la gente povera prende tanto coraggio per lottare contro lo sfruttamento, l’ingiustizia.
Come lui, anche noi possiamo cambiare molto di noi. Non ci è chiesto di fare cose grandiose, ma di lasciarci guidare e spingere dalla Parola di Gesù, che ci rivela la volontà di Dio, nella nostra vita quotidiana. Quando leggiamo il vangelo, ricordiamocelo. Esso è un invito a credere che Dio può "convertirci". Il vangelo è questo gioioso annuncio: la mia vita può cambiare dal profondo del cuore. Chi cambia cuore cambia vita, cambia le opere, le scelte. Ma noi vogliamo davvero cambiare e trasformarci continuamente?
Bibliografia e annotazioni:
* Affermare insieme la priorità dell'azione di Dio e la necessità della nostra risposta costituisce una dialettica costante dell'annuncio cristiano. Si tratta di imparare ad accogliere l’azione di Dio, cioè la sua "grazia", senza trascurare la nostra responsabilità indeclinabile, non delegabile.
* Ci è sembrato utile ribadire che "conversione" non significa passare da una religione all'altra, ma passare da una pratica di vita incentrata sull’egoismo ad una pratica di vita fondata sull'evangelo. Così pure non risulterà superfluo approfondire la densità del concetto biblico di conversione su qualunque dizionario biblico. La sequela di Gesù ci colloca in un perenne "stato di conversione”. La nostra "norma" è la vita storica di Gesù, prassi e parola.
* Ci siamo mossi con una preoccupazione precisa, alla quale abbiamo fatto soltanto timidi accenni (data l'età dei fanciulli): occorre cambiare anche il cuore degli uomini per poter cambiare le cose. Nessuna illusione: come non basta cambiare le persone per cambiare lo stato attuale del mondo, così non bastano i soli cambiamenti strutturali. È necessario sia l'uno che l'altro. Si veda A. HELLER, Per cambiare la vita, Editori Riuniti, Roma 1980. pag. 178-179.
* Sul tema della conversione delle persone e della conversione della comunità si veda il prezioso volume di spiritualità della liberazione di ARTURO PAOLI, Il presente non basta a nessuno, Cittadella Editrice. Così pure G. GUTIERREZ, Bere al proprio pozzo, Queriniana, Brescia 1984.
* Non abbiamo usato la parola "grazia di Dio" perché ci pare oggi un linguaggio fumoso. Essa viene intesa quasi come una "merce divina". Preferiamo parlare di azione di Dio, del suo amore, del suo aiuto, della sua forza, nella ferma consapevolezza che i nostri linguaggi sono tutti inadeguati, parziali o approssimativi.
* Contemporaneamente abbiamo cercato di non dimenticare due dimensioni fortemente caratterizzanti il messaggio evangelico della condivisione: 1) non ridurci a “cambiamenti” superficiali, cioè di facciata o di superficie. Il riferimento al cuore sta in opposizione a ogni trasformazione che non raggiunga la profondità reale. Il cuore, nel messaggio biblico, indica la sede delle decisioni, il luogo delle scelte. 2) La conversione, in quanto cambiar cuore-mente, ci costringe a metterci personalmente in discussione, in stato di trasformazione. Sono proprio "io" che debbo guardare al "mio" cuore, alla "mia" vita e assumermi in proprio la responsabilità di dire "sì" o "no" alla proposta evangelica. La conversione taglia le gambe in partenza alla possibilità (che noi abbracciamo volentieri) di "deviare” ad altri, e solo agli altri, il messaggio dell'evangelo. L'evangelo deve diventare sempre più decisamente un appello alle mia vita. Il che, ovviamente, non esclude affatto le altre dimensioni, ma preclude le scappatoie con le quali riusciamo a vanificare nei nostri riguardi quella "parola" che poi pretendiamo essere normativa per gli altri. Si tratta di "attenzioni" che non ci sono sembrate superflue.
* Da ultimo non ci siamo stancati di rimasticare tra noi e con i nostri bimbi un fatto che ci colpisce sempre di più nella nostra esistenza di cristiani. Sì, seguire Gesù è duro e faticoso. A volte questa dimensione della "croce" può apparire quasi l'unica. Infatti la realtà non permette la retorica facilona. Ma, con il procedere degli anni, la strada di Gesù, lungo la quale cerchiamo di camminare, si rivela anche ricca di senso, di felicità, di una felicità che a volte assaporiamo profondamente. Dio, detto banalmente, semina tanti fiori lungo il nostro cammino e a volte ne sentiamo anche il profumo! Ci è sembrato essenziale illuminare questo aspetto così liberante della sequela di Gesù che si realizza nella continua conversione. In ogni caso il "beati" del vangelo va proclamato; la croce della sequela di Gesù non ha nulla in comune con il dolorismo.
* Mi sono convinto che per lo più le esperienze di autentica conversione, seguite da una vita realmente cristiana, avvengono in situazioni che non rientrano nella sfera ecclesiale» (V. ELIZONDO, in Concilium 4/1984, pag. 176). Una salutare "mazzata" per la nostra presunzione di persone religiose!
* L’insistenza sulla "parola" che chiama a conversione e la stessa insistenza nel narrare e ricordare ciò che Gesù ci ha insegnato devono renderci attenti per non cadere in una trappola che può compromettere o inquinare il nostro servizio catechistico. Guai se il fanciullo avesse la sensazione di trovarsi di fronte soprattutto ad una "nuova dottrina", ad un meraviglioso insegnamento, e fosse condotto a concludere che Gesù è un maestro che ha insegnato la più sublime filosofia o filantropia di questo mondo. Incontrare Gesù non è incontrare una dottrina, un ventaglio di idee. L'incontro con Gesù è un fatto, una svolta, una realtà che prende la vita e incide in essa. La conversione per i dodici comportò un evento che trascinò la loro vita in una direzione nuova. La parola biblica è evento, non teoria. L’evento Dio che fece irruzione nella via di Gesù può tradursi in "avvenimento" anche dentro la nostra esistenza e creare libertà, decisione, amore, speranza. La conversione è questo credere alla speranza attiva di Gesù per cui, lasciandoci coinvolgere, Dio diventa anche per noi l’avvenimento che determina la nostra vita.
* Il lettore noterà come siamo stati incapaci di tradurre adeguatamente l’espressione e il concetto di “regno di Dio” per i fanciulli. Abbiamo preferito, in questa fase del nostro lavoro, non tanto definire il regno di Dio in termini concettuali quanto cercare di capire e captare dove e come Dio "regna", cioè dove il regno di Dio "avviene". Più che usare la parola regno di Dio abbiamo cercato di imparare con i bambini a vedere dove Dio si fa strada, dove il suo "vento" apre delle finestre chiuse o socchiuse, dove la sua forza dà vigore a chi è scoraggiato, dove e come possiamo affidarci alla sua azione, dove Dio ci regala delle sorprese e solleva i deboli dalla polvere e depone i potenti dal trono. Così pure. cercando di rispettare la duplice dizione dei resti neotestamentari (alcuni infatti sono al presente, altri al futuro) abbiamo tentato di leggere l'azione di Dio nel presente con l’occhio aperto alla corrente del futuro, tra"già" e "non ancora". Il concetto stesso di regno. Pur così denso nella storia di Israele e così immediato ai tempi di Gesù, ci è sembrato difficilmente assimilabile per i bambini. Non siamo sicuri di aver compiuto, su questo punto, delle scelte anche didattiche soddisfacenti e intendiamo riprendere molto presto la tematica del regno di Dio.
* Ancora una annotazione di rilievo. Parlando di conversione, necessariamente la categoria in cui essa trova concretizzazione e riferimento biblico preciso è la "sequela" di Gesù, Essa non ha nulla in comune con un’operazione di ricopiatura di Gesù, ma implica - molto più creativamente - entrare nella sua strada, fare propria la sua causa, condividere la sua opera, assumere il suo orizzonte e il suo destino.
Molto presto nella chiesa primitiva Gesù diventa, in sintonia con l'etica esemplare greca, un riferimento e un modello per gli schiavi: «Anche Cristo patì per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme» (1 Pt. 2,21) Il modello è Cristo che soffre pazientemente. Così la sequela comincia a trasformarsi in imitazione. «L'atto di seguire il messia, come comunione di vita con Gesù, diventa, sotto l'influsso di una mentalità originariamente ellenistica, mimesis (imitazione), un camminare sulle orme di Cristo paziente (1 Pt. 2,21). L'interpretazione quasi esclusiva della sequela di Gesù come imitatio Christi, interpretazione che è solamente suggerita nel Nuovo Testamento, divenne ben presto patrimonio comune dell'esegesi cristiana in generale, come è chiarissimamente rispecchiata nell'espressione di Sant’Agostino: quod est enim sequi nisi imitari (che cosa vuol dire seguire se non imitare?): (A. SCHULTZ, citato da J.R. Guerrero. pag. 110).
«In questo modo, il pensiero platonico. che porta al reciproco rapporto fra modello e copia, ebbe la sua migliore occasione di infiltrarsi nel pensiero cristiano col culto a Cristo.Questo culto, infatti, che cominciò con un significato di comunione di vita, fu indirizzato progressivamente verso la somiglianza al dolore, morte, offerta, ecc., di Cristo. diventando da ultimo l'immagine esemplare dei credenti. Con questa estrapolazione cui abbiamo accennato, l’atteggiamento morale di imitazione di Cristo andò guadagnando terreno nella fede cristiana, soprattutto nella chiesa d’occidente, data la dimensione etica e giuridica di quest'ultima. Così la sequela di Cristo venne espressa più coll’imitazione dei gesti e degli avvenimenti della sua vita, come erano stati narrati dagli evangelisti, che col tentativo di scoprire il suo più profondo atteggiamento nei riguardi degli uomini e di Dio. Il credente doveva fuggire il mondo e concretizzare la sua fede nel martirio o nel rinnegamento di se stesso o nella verginità o nella povertà. Tutto si riduceva a una pretesa imitazione del Gesù storico, con un'accentuazione del tutto individualistica. Questa interpretazione della sequela caratterizzò la vita cristiana del medioevo... e trovò la sua classica formulazione nell'Imitatio Christi di Tommaso da Kempis.
I diversi movimenti di spiritualità cercarono di attualizzare aspetti e momenti della vita di Gesù e... sono altrettante testimonianze di questo modo individualistico di comprendere la sequela di Gesù» (J.R. GUERRER0, L'altro Gesù. Borla, Roma 1978; pag. 111).
* Evidentemente oggi, senza disprezzare nessuno dei tentativi compiuti nei secoli, la sequela di Gesù può essere "liberata" da queste camicie troppo strette che le sono state imposte. Più che "copiare" quasi meccanicamente i comportamenti di Gesù, occorre riscoprire i valori di fondo che hanno animato e sorretto la sua vita. Si tratta di qualcosa di molto diverso dalla mimica: occorre inventare, qui e oggi, le scelte profonde di Gesù, farle vivere creativamente in un contesto totalmente diverso, ritrovare le sue radici, la sua profezia, la sua preghiera e soprattutto il suo amore. Le "scopiazzature" del vangelo sono operazioni semplificatrici e facilone che infantilizzano nel senso peggiorativo della parola. Non ci si può dispensare dalla fatica di porsi creativamente nemmeno di fronte al vangelo. Una fedeltà all'evangelo che non sia tradotta dentro la fedeltà al nostro "oggi", che senso potrebbe avere? Ancora una volta la sequela di Gesù è dono gratuito di Dio e nostra ineludibile responsabilità. In questo senso, inoltre, non ci proibiremo l'uso degli esempi. Essi però non saranno "modelli" da ricopiare, ma stimoli offerti alla nostra vita e alla nostra creatività.
* Nel narrare "esempi" di persone che si sono "convertite" sara bene assumere il più possibile semplici storie quotidiane, gente che non ha un grande nome, ma un vero amore. Meglio un campesino che un vescovo... Così pure non è vero che può essere un tantino deviante, dispensandoci dal cercare qui i tentativi di conversione, volare" sempre in America Latina? Non è un po' una moda o un'evasione? Stiamoci attenti. Così pure ci sembrano pericolosi i discorsi che mitizzano la "classe operaia" o simili. Il reale è più complesso e non tollera queste semplificazioni falsificanti che riposano su facili recitazioni o schematizzazioni. La parte e la causa dei poveri oggi non permettono più di catalogare tutto, sommariamente, in "oppressi e oppressori".
* Sequela di Gesù e conversione hanno evidenziato, nella conversazione con i bimbi, la chiara esigenza di una vita che non è riducibile ad una logica razionale. La via di Dio è scandalo e pazzia. L'invito di Gesù contiene una radicalitá che va conservata in tutto il suo vigore. Far rientrare il vangelo nei parametri di una “nobile saggezza" significa colpirlo al cuore e vanificarlo. Come presentare ai fanciulli questa paradossalità evangelica, questa "stravaganza" dell’amore di Gesù? Possono i nostri figli vedere e toccare nella nostra vita quotidiana almeno qualche sprazzo o qualche frammento di questa "follia" di Gesù oppure constateranno che anche noi abbiamo seppellito il vangelo sotto un castello di "normalità"?