Commento al Vangelo del giorno Gv 10,22-30 - "Io e il Padre siamo una cosa sola".

Gv 10,22-30 (traduzione CEI 74):
22Ricorreva in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d'inverno. 23Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone. 24Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: «Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente». 25Gesù rispose loro: «Ve l'ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza; 26ma voi non credete, perché non siete mie pecore. 27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. 29Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. 30Io e il Padre siamo una cosa sola». 

Ieri abbiamo visto Gesù che veniva accusato di bestemmiare, e quante volte l’abbiamo sentita questa invettiva contro di lui. E’ la festa della dedicazione, in ebraico letteralmente la festa delle luci in cui venivano accesi dei candelabri che illuminavano la città per otto giorni consecutivi. Questa festa era la ricorrenza della consacrazione del tempio del 165 a.C. I capi dei sacerdoti facendosi intorno a Gesù gli chiedono se è realmente lui il Messia. Non aspettavano altro per farlo fuori e gli tendono sempre della trappole a cui Gesù non casca mai. Dice che solo le sue opere testimoniano ciò che è aggiundendo “voi non credete, perché non siete mie pecore”. Figuriamoci la faccia di quei capi dei sacerdoti!

E come mai loro non sono le sue pecore? Gesù risponde a chiare lettere «Le mie pecore ascoltano la mia voce” e aggiunge nuovamente per mettere la ciliegina sulla torta “voi non avete mai ascoltato la mia voce”, quindi di Dio essendosi lui dichiarato con quel IO SONO. 

Gravissimo per i capi religiosi, cioè quelli che dovrebbero far conoscere la Parola, la volontà di Dio. Qui Gesù gli sta dicendo fate attenzione che le mie pecore e io siamo una cosa sola, perché c’è una grande fiducia reciproca e compiono il comandamento dell’amore nel servizio al fratello in difficoltà, proprio ci ha indicato di fare Gesù fino al gesto della lavanda dei piedi. E a quanti si metto alla sequela di Cristo e lo fanno realmente allora Cristo gli dona la vita eterna perchè si crea un legame talmente indistruttibile e una forza interiore che sfonda i muri dell’inautenticità umana e cristiana. La vita eterna non è un premio che viene dopo la morte fisica, ma una concretezza che si realizza già da oggi. Gesù si ridefinisce “Io sono colui che dà la vita per il gregge” e nessuna forza e potenza, nessun lupo potrà divorare le sue pecore, nessuna tentazione potrà mai ostacolare il suo gregge grazie al legame indistruttibile. E come se non bastasse mette il dito nella piaga con quel “nessuno le strapperà dalla mano del Padre”, ovvero dalla mano di Dio. Questo è un grande avvertimento per i pastori, anche di oggi. Fate attenzione a non voler mai separare da me le mie pecore perchè sarà peggio per voi, fate attenzione a non imbrogliare le mie pecore dicendo falsità sul mio nome e quindi sul nome di Dio, non emarginate, non discriminate mai le mie pecore perchè sarete per me pastori falsi e ipocriti. 

Ed ecco l’apoteosi di tutto il discorso di Gesù: «Io e il Padre siamo uno», qui dichiara la sua unione strettissima con Dio e di conseguenza lui è Dio. Se ci andiamo a rileggere il libro di Zaccaria ci si riferisce a Dio usando il vocabolo “Uno”: “Uno sarà il suo nome”. In Cristo si rende evidente quel Dio, Uno, nel comunicare questa nuova vita a tutti, nessuno escluso, la stessa azione della creazione meravigliosa compiuta da Dio.