Gesù è vivo (Mc 16, 1-8 - Lc 28, 1-10 - Lc 24, 1-12 - Gv 20, 1-18) - don Franco Barbero
Esiste una premessa che ritieni assolutamente indispensabile? Parlando di risurrezione di Gesù noi usciamo dal gioco delle dimostrazioni, dal circuito delle legittime curiosità. Facciamo bene a tener conto di ciò che possono dirci la ragione e la filosofia, ma esse non sono gli elementi decisivi, le voci decisive per la nostra fede. Per noi la sola parola biblica è fondante: quella Parola di Dio che si chiama Gesù di Nazareth.
Vecchio e Nuovo Testamento su questo punto combaciano totalmente? Ho appositamente parlato della resurrezione di Gesù. Egli è il punto decisivo, anzi ciò che Dio ha operato in Gesù. Va anche detto che per molti secoli i credenti della Bibbia si "addormentarono“ nella oscurità pressoché totale o in una speranza piuttosto "oscura", popolata di incertezza.
Cosa vuoi dire? Direi che è fondamentale conoscere questo itinerario del popolo credente fino al libro di Daniele, ai Maccabei, ai testi apocalittici. Esistono oggi ottimi strumenti per esplorare questo cammino. Il libro di Kung è tra i migliori. Gesù abbraccia nella sua vita la ferma speranza di un Dio che vince anche la morte. Egli non condivide il parere dei sadducei che negano la risurrezione.
Ma come possiamo avere in mano una chiave di lettura seria per credere a questa testimonianza biblica? Intanto credo che non possa essere per nulla diminuito o dimenticato lo sconcerto che invase i discepoli di Gesù davanti al suo “fiasco". Essi furono gettati a terra, abbattuti, disperatamente persi e sconfortati. Solo Dio poté cambiare la loro disperazione in speranza. E proprio questo avvenne.
Ma vuoi dire che Dio li convinse con delle visioni, delle apparizioni, con la constatazione della tomba vuota? Non ho nessuna “prova” che mi dimostri, storicamente parlando, che i discepoli poterono vedere e toccare il Risorto, poterono constatare che la tomba era vuota. Le stesse apparizioni alludono ad una chiarezza che folgora gli occhi o non piuttosto ad una “rivelazione” con cui Dio a poco a poco generò questa fede nel cuore dei discepoli?
Ma che cosa vuoi dire esattamente? Gesù è vivo, è presso il Padre, sui suoi resti inutili Dio ha pronunciato una parola vivificante. Egli ora vive presso il Padre che (ecco cosa significa il "quadro" dell'ascensione al cielo) lo ha costituito salvatore e "signore".
Nel senso che le sue parole non moriranno mai e che egli non sarà mai dimenticato? No, io credo in un evento reale, per cui proprio Gesù di Nazareth (e non solo la sua memoria, la sua causa e le sue parole) è presso il Padre, vive. La sua vita è confluita in Dio, in quella realtà realissima che è appunto Dio. Egli è l'anticipo del nostro futuro promesso.
Che cosa significa che la resurrezione è un evento reale, ma non un fatto storico? Mi sembra essenziale questa distinzione. Non penso che la risurrezione sia un fatto storico perché non disponiamo di prove, di dati empirici che costringano a credere. Del resto Dio non è storicamente dimostrabile, ma chi e che cosa è più reale di Lui? Il reale ha più estensione dello storico.
Tu parli di una genesi della fede dei discepoli nel Risorto. Che cosa. vuol dire ciò? La risurrezione è un annuncio di fede più che un dato d'esperienza. Il cammino che la comunità ha fatto per arrivare a questa convinzione è stato verosimilmente lungo e laborioso e i testi ne lasciano scarse tracce. Certamente la piena adesione non è venuta all'indomani della esecuzione. La dispersione forse è durata più a lungo di quanto ci venga detto e l'incredulità di Tommaso e la diffidenza dei discepoli di Emmaus erano forse ben più generalizzate di quanto appaia dai racconti degli evangeli.
Come la mettiamo allora con i testi che invece parlano chiaramente, di resti quasi a livello di prove? I quadri che vengono presentati, ci spiegano molti esegeti, contengono un messaggio vero - quello della resurrezione - ma sono, può darsi, funzionali e fittizi. Le constatazioni schiaccianti (il "sepolcro vuoto" e i contatti fisici col Risorto), segnalate dai testi, vanno lette come struttura letteraria funzionale all'annuncio e come scelta apologetica. Per esempio, come non vedere che il capitolo 23 di Matteo può essere stato "costruito" come una spiegazione o una giustificazione della professione di fede cristiana? Occorre distinguere tra messaggio e presentazione letteraria, tra evento e interpretazione.
Ma i discepoli avevano almeno un appiglio solido per dire che questa loro convinzione di fede non era un’illusione? Penso che avessero una base molto solida: l’esperienza vissuta con Gesù. l'aver ascoltato la sua Parola. Gesù doveva pur aver detto loro che, nonostante la sua sconfitta (ben prevedibile nell'ultimo periodo del ministero di Gesù), Dio si sarebbe ricordato di Lui. Gesù nutriva questa ferma speranza. Ma la genesi di questa fede, la sua origine ultima è in quel Dio che, risuscitando Gesù, ha potuto far riemergere nel cuore dei discepoli la memoria di lui, delle sue parole e riaccendere la sua speranza.
Per quali cause, secondo te, noi facciamo tanta fatica ad entrare in questa radicalità della fede e continuiamo a esigere prove? Forse perché ci manca una profonda ricerca biblica, di fede, ed allora siamo comprensibilmente vittime delle nostre "legittime" curiosità. Ma credo che dobbiamo anche tener conto di alcune nostre prigionie.
Quali, ad esempio? La prima è la prigionia che ci deriva dall’immaginario filosofico dell’immortalità, come se si trattasse della sopravvivenza di un'anima immortale. Un'altra prigionia ci viene dall'immaginario della rianimazione di un cadavere. Risorgere non significa un'anima che vola in cielo o un cadavere che riprende vigore, ma ricevere da Dio una vita nuova oltre la dimensione del tempo e dello spazio. Quella... più che un'altra vita sarà davvero una vita "altra", per la quale le nostre speculazioni risultano piuttosto inadeguate e le nostre "immaginazioni" vacillanti.
Ma... la resurrezione “incide” nel nostro presente? È importante questo interrogativo proprio per non confinare la resurrezione tra le speranze dell'ultima ora. Non solo per il fatto che la resurrezione offre una prospettiva di superamento della morte che già illumina il presente, ma anche per il fatto che occorre oggi alzare la fronte contro tutte le forze che negano il primato della vita. La resurrezione, se non ci porta a lottare contro tutti i sepolcri che inchiodano la vita, è una speranza sciupata. Il difficile sta qui: vivere da figli della resurrezione, iniettarla nelle vene del presente, tradurla in forza storica e non solo in consolazione spirituale.
E allora? Mi sembra che noi dobbiamo giocare la carta della resurrezione fino in fondo, a partire dal nostro oggi. Credere che la morte e l'oppressione non hanno l'ultima parola. Ma tutto questo senza illusioni: la croce alla luce della resurrezione, certo, ma anche la resurrezione all'ombra della croce.